All’ inizio del 2008 è uscito nelle sale italiane l’ ultimo film prodotto dai fratelli Coen, dall’ ormai famoso titolo “Non è un paese per vecchi”. Del film non mi importava gran chè, in quanto lo ritenevo una delle solite “americanate” ( e tuttora lo ritengo, pur non avendolo visto). Mi incuriosì molto invece il titolo, una frase un po’ bizzarra che volendo può essere contestualizzata in vari ambiti. Ed è stato proprio domenica, durante il travagliato Gp di Monaco, che ho avuto lo spunto per una curiosa riflessione… Considerando le premesse ( le insidie delle stradine del principato, la pioggia, l’ assenza di aiuti alla guida ), la gara di domenica si presentava come una gara in cui il fattore esperienza avrebbe dovuto fare la differenza, una di quelle occasioni in cui solo chi usa la testa può farcela ad emergere. Prima del via, era logico aspettarsi nomi “classici” come Alonso, Fisichella (che in condizioni similari ottenne la sua unica vittoria in F1 ), Trulli, per la serie “gallina vecchia fa buon brodo”. Ma come tutti avranno verificato, il Gp ha preso ben tutt’ altra piega: Coulthard (il vecchietto della F1) lascia subito la compagnia, Alonso si diverte a giocare all’ autoscontro, Heidfeld colleziona giri di distacco, Raikkonen non mantiene le distanze di sicurezza (con effetti disastrosi), Trulli cerca di sopravvivere alle strategie suicide della Toyota, Fisichella viaggia a passo d’ uomo in attesa del ritiro, Button sperimenta la resistenza dei musetti Honda (con alterni risultati ). Eccezion fatta per Webber, costantemente nelle posizioni di vertice, molti dei big hanno deluso le aspettative. Invece, a sorpresa, sono stati i “baby” che con spavalderia e anche un pizzico di fortuna hanno sbancato tra i marciapiedi del principato. Nelle prime posizioni troviamo Hamilton (23 anni, al 23° Gp in F1), Kubica (24 anni, 28 Gp in F1), Sutil ( 25 anni, 23 Gp ), Vettel ( 21 anni non ancora compiuti, 11 Gp), Nakajima (23 anni, 6 Gp ). A dire il vero, questo fenomeno si sta manifestando già da qualche anno ( all’ incirca dal clamoroso debutto di Raiikkonen, anno 2001), ma al 2007 veniva giustificata con l’invasivo intervento dell’ elettronica (celebre la frase di Lauda “oggi una f1 può guidarla anche una scimmia”), che rendeva le monoposto estremamente facili da apprendere e portare al limite. Se ben riflettiamo, la scorsa stagione abbiamo rischiato di assitere ad un evento epocale per la storia della F1, ovvero la vittoria del campionato da parte di un debuttante: l’allievo (Hamilton) ha rischiato di superare il maestro (Alonso) ancor prima che il maestro avesse avuto modo di spiegare la lezione (vincere il terzo titolo). La domanda sorge spontanea, a maggior ragione dopo le prestazioni dei baby a Monaco: quanto conta l’ esperienza? ha ancora un peso? un pilota di 29-30 anni, è vecchio? Nell’ epoca delle piste provate al simulatore, della telemetria selvaggia, dei 30.000 km all’ anno di test, sta sbiadendo il ruolo del vecchio volpone che con la sua esperienza riesce a risolvere le situazioni complesse di una gara o di una stagione. Basti notare che la Williams, per rilanciare le sorti della scuderia, ha deciso di puntare su Rosberg e Nakajima, due piloti nati nel 1985… In un contesto del genere, gente come Couthard o Barrichello avrà sempre meno spazio, e infatti i due grandi “esperti” a fine anno lasceranno il Circus, direzione Nascar e Indy, campionati dove al contrario dell’ europa il fattore esperienza ha ancora un ruolo fondamentale.
Allora forse è proprio vero: la Formula 1 non è un campionato per vecchi….
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