Dai microfoni di autosport.com Dario Franchitti ci lascia le sue prime impressioni da “neo” pilota Indycar, in un evento ufficiale della nuova stagione , quella dei tests di Miami.
In verità solo formalmente si tratta di un debutto. Infatti il campione IRL 2007, dopo un anno di “vacanza” in Nascar con il team Ganassi, funestato anche da un infortunio oltrechè dalla perdita di sponsors e da prestazioni poco convincenti per un pilota con una guida pulita, è tornato a calcare le scene della serie di Tony George, una delle due massime serie automobilistiche a ruote scoperte, l’unica rimasta assieme alla Formula Uno. Ci parla a cuore aperto dei suoi progetti futuri, tornare ad essere massimo protagonista nella serie che lo ha visto trionfare proprio davanti a quello che oggi è il suo compagno di scuderia.
Nonostante l’ esperienza poco probante delle stock-car, avara di soddisfazioni, l’italo-scozzese ci spiega come tuttavia possano essere individuati alcuni aspetti positivi , un fonte preziosa da cui attingere – “Avevo guidato le IndyCar [ il riferimento è alla CART e IRL, visto che la Indycar Series è una nuova categoria almeno formalmente, ndr] per più di dieci anni. Ero abituato ad un certa tipologia di guida e mi ci ero adattato al meglio fino a riconoscermi in essa. Con l’approdo in Nascar, c’è stato un cambiamento notevole. Ho dovuto ricominciare ad imparare a guidare, stare dietro al volante di quelle vetture è completamente diverso, sono meno stabili, diverso il modo di approcciarsi, le stesse gare avevano un andamento del tutto differente. Questo è stato il mio insegnamento. Uno stimolo più forte poi è promanato dalle vicende extra-sportive: nel corso della mia carriera mi sono state concesse molte occasioni con teams di tutto rilievo, lo scorso anno sono stato costretto a rimanere a piedi a causa della crisi economica che stava dispiegando i primi timidi effetti . Persi lo sponsor e Ganassi decise conseguentemente di ridurre i suoi sforzi nella Nascar. Questo fattore surplus è stato un incentivo in più per rendermi ancora più forte dal punto di vista psicologico.”
L’esperienza nelle stock-car non è stata molto entusiasmante fino a quel momento – “Sono rimasto abbastanza contradetto dai risultati di quei mesi. Non sono riuscito ad ottenere risultati di rilievo e non ho vinto nulla. Questo mi ha un pò depresso, perchè sono stato sempre abituato ad essere in prima linea ovunque abbia corso e giungere in una tale situazione , quella di dover inghiottire il boccone amaro, essere consapevole di non poter vincere a causa del mancato apporto economico, è stata davvero dura . All’inizio faticavo non poco a capire il funzionamento della vettura, poi a questo si aggiungeva il fatto che la scuderia non era di per sè competitiva a priori; più passava il tempo e decenti diventavano le mie prestazioni, più mi rendevo conto di poter far crescere l’intera squadra e guidarli sulla giusta via. L’infortunio alla caviglia ci ha letteralmente tagliato le gambe, metaforicamente parlando, ed abbiamo fatto i “gamberi” della situazione. Nonostante ciò abbiamo attraversato momenti felici , altri meno . Dopotutto incominciare a diventare competitivi proprio verso la fine della mia avventura mi ha ripagato di molti situazioni sconvenienti che mi sono accorse”.
MN
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