Il 25 aprile 2001, durante una sessione di test sul circuito tedesco del Lausitzring in preparazione alla 24 ore di Le Mans, perdeva la vita Michele Alboreto. Lo scoppio di un pneumatico della sua Audi fu la probabile causa dell’incidente, che portava via al mondo delle corse automobilistiche ed all’Italia sportiva uno dei personaggi più rappresentativi, rispettati ed apprezzati da tifosi ed addetti ai lavori. Nato a Milano il 23 dicembre 1956, cresciuto a Rozzano, nella periferia sud della città (comune che gli ha recentemente intitolato una piazza sorta nel nuovo quartiere), muove i primi passi agonistici nel circuito che anni dopo lo avrebbe visto protagonista in Formula 1 ed idolatrato da migliaia di tifosi: a Monza esordisce nel 1976 nell’omonima formula al volante di una monoposto del team Salvati. Dopo un paio di stagioni di apprendistato, passa nel 1978 in Formula Italia ed ottiene la sua prima vittoria a Magione, concludendo il campionato al quarto posto. Nel 1979 debutta in Formula 3 ed esibisce per la prima volta il casco giallo e blu, colori che lo avrebbero accompagnato per il resto della carriera, scelti in omaggio a Ronnie Peterson, il grande pilota svedese idolo giovanile di Michele. L’anno seguente, oltre ad aggiudicarsi il campionato europeo di Formula 3, gareggia anche nelle corse di durata al volante della Lancia Beta Montecarlo Turbo. Passato in Formula 2 nel 1981 con Minardi, viene notato da Ken Tyrrell che gli offre un volante per esordire nella massima categoria: l’esordio avviene a Imola, dove Michele si piazza 17° in prova terminando la gara dopo 31 giri per una collisione. Il resto della stagione viene condizionato dalla scarsa competitività della vettura, ma nelle due annate successive, sempre al volante della Tyrrell, Alboreto ottiene ben due vittorie, a Las Vegas e a Detroit, che gli valgono la chiamata in Ferrari. Undici anni dopo le apparizioni di Merzario, un pilota italiano torna così al volante della Rossa di Maranello. Michele non delude e già alla terza gara, a Zolder, ottiene la vittoria, concludendo la stagione con un ottimo quarto posto in classifica. L’anno dopo il milanese è in lotta per il mondiale: vince al Nurburgring e a Montreal ma si deve arrendere alla superiorità del binomio Prost-McLaren, che conquista il titolo con 73 punti davanti proprio ad Alboreto. Le tre stagioni successive sono caratterizzate dalla scarsa competitività della vettura, con Michele che si deve accontentare di qualche casuale exploit, come il secondo posto ottenuto dietro al compagno Berger a Monza nel 1987. Conclusa l’avventura a Maranello, Michele inizia a girovagare per scuderie minori: anni contrassegnati da scarse soddisfazioni ma affrontate sempre con grande professionalità, al volante di vetture quali Tyrrell, Lola-Larrousse, Footwork, Bms e Minardi. Nel 1994, dopo la morte di Senna, è l’unico pilota ad avere il coraggio di testimoniare al processo. Una presa di posizione che probabilmente gli costa la possibilità di rimanere nel Circus dall’anno seguente, con Michele che opta per il campionato DTM al volante dell’Alfa Romeo. Nel 1995 gareggia sugli ovali americani in IRL, partecipando anche alla 500 miglia di Indianapolis, mentre dall’anno successivo inizia a dedicarsi alle gare di durata, dove conquista la volante dell’Audi alcune vittorie prestigiose, come la 12 ore di Sebring e, soprattutto, la 24 ore di Le Mans. Unisce alle corse anche una brillante attività imprenditoriale, collabora come opinionista con diverse testate giornalistiche e diventa vice-presidente CSAI con l’obiettivo di restituire ai giovani piloti italiani la possibilità di poter intraprendere una carriera, proprio come accaduto a lui. La Formula Azzurra, intitolata proprio alla memoria di Michele, è frutto del suo impegno in questa direzione. Nella speranza che, un giorno, un pilota italiano possa far tornare a sognare i tifosi al volante di una Ferrari. Anche se non ci sarà mai un altro Michele Alboreto.
Marco Privitera
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Michele Alboreto era davvero uno di quei piloti, di quelle persone che si possono dfinire “grandi” senza paura di commettere errori…le corse automobilistiche a volte danno e a volte prendono, anche duramente…le dobbiamo accettare per questo, consapevoli che tutti coloro che hanno perso la vita al voltante di una auto da corsa, lo hanno fatto facendo quello che amavano di più…