Analogamente a quanto avviene al proprio (quasi) omonimo Benjamin Button, nel film di David Fincher recentemente uscito nelle sale cinematografiche, anche Jenson Button sembra ringiovanire col passare degli anni. La carriera del 29-enne inglese è infatti una storia fatta di un esordio dirompente in F1, successivamente passata a vedergli assegnato il ruolo di “eterna promessa”, per divenire oggi pilota maturo pronto per traguardi importanti. Ma come è stato possibile che in poche settimane un “paracarro” (così lo aveva definito Briatore) sia potuto diventare il più serio candidato alla conquista del titolo 2009? Grandi meriti vanno senz’altro attribuiti alla competitività della Brawn Gp ed alle intuizioni strategiche del mago Ross Brawn, ma sarebbe ingeneroso non riconoscere una grande parte di merito anche al pilota inglese. Il quale, fin dagli esordi nella massima categoria, ha sempre avuto una sola costante negli anni: quella di essere sempre riuscito a mettere, grazie alle sue doti velocistiche, in grande difficoltà tutti i propri compagni di team, come sta avvenendo, del resto, anche quest’anno con il malcapitato Barrichello.
Approdato giovanissimo in Formula 1 all’età di vent’anni, accompagnato dagli sguardi perplessi ma al tempo stesso curiosi degli appassionati e degli addetti ai lavori, già nella stagione d’esordio in Williams mostrò di non avere timori reverenziali, andando a punti già nella seconda gara e terminando il campionato all’ottavo posto, con la seconda fila in qualifica ottenuta sul circuito più difficile del mondiale, a Spa-Francorchamps, come ciliegina sulla torta. Tali premesse non ebbero però seguito nella stagione successiva quando, al volante della Benetton, ottenne come miglior risultato solo un quinto posto a Hockenheim. Meglio andò nel 2002, quando riuscì ad esprimersi sugli stessi livelli del più esperto compagno Trulli, ottenendo due quarti e tre quinti posti. Accasatosi dall’anno seguente alla Bar, Jenson ebbe la sua migliore annata nel 2004, quando ottenne la sua prima pole position a Imola e ben dieci piazzamenti sul podio. Dopo l’acquisto della scuderia nel 2005 da parte della Honda, l’inglese conquistò nel 2006 la tanto attesa prima vittoria a Budapest, terminando la stagione al sesto posto. Gli anni 2007 e 2008 sono stati invece contraddistinti dalla scarsa competitività della vettura, che non ha permesso a Button di emergere alimentando in molti la convinzione che fosse già un pilota finito. Ma con in mano una vettura valida, Jenson ha dimostrato quest’anno di essere un pilota maturo, finalmente pronto a lottare per il titolo, come dimostrato dalla condotta di gara tenuta in Bahrain, dove proprio grazie ad un grintoso sorpasso effettuato nelle prime fasi su Lewis Hamilton ha costruito le basi della propria vittoria. Staremo a vedere se Jenson continuerà a ringiovanire o se rimarrà nel limbo delle “eterne promesse” incompiute. Ora toccherà a lui dimostrare di non essere un “paracarro”…
Marco Privitera
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