La Formula 1 del futuro non è decollata a Heathrow. L’atteso meeting avvenuto presso l’aeroporto londinese tra i team principal e la FIA non ha dato, per il momento, gli effetti desiderati. Del resto, una soluzione si sarebbe potuta trovare esclusivamente attraverso un doppio passo indietro di Max Mosley, sia sulla proposta del doppio regolamento tecnico, sia per quanto riguarda il budget cap. Ma ciò, come prevedibile, non è avvenuto: anzi, la scuderia di Maranello ha comunicato di aver avviato un’azione legale contro la Federazione, in quanto quest’ultima non avrebbe rispettato gli accordi relativi all’ultimo Patto della Concordia, nel quale si impegnava a non modificare i regolamenti senza l’accordo unanime di tutti i team. Ma la soluzione appare ancora lontana, e se Mosley si è dimostrato possibilista sull’eventualità di rivedere la sua posizione in merito al regolamento che renderebbe la Formula 1 una categoria a “doppia velocità” (il vantaggio che potrebbero ricavare i team aderenti al budget cap è stato infatti stimato sull’ordine dei 2″ al giro), è ancora il disaccordo relativo al limite di spesa a tenere banco. Ora la Federazione è a un bivio: meglio avere uno schieramento di partenza finalmente non più ridotto all’osso,con 26 vetture in pista e almeno tre nuovi team, o rischiare di perdere squadre come Ferrari, Renault e Toyota? La risposta è scontata, ma forse la questione andrebbe posta in differenti termini: meglio imporre la propria volontà con una dimostrazione di forza, vincendo la battaglia politica in atto a fini apparentemente nobili, cioè quelli di salvaguardare il futuro della categoria… oppure accettare il classico compromesso, ma rischiando contemporaneamente di aumentare il peso e la compattezza della FOTA, con tutte le possibili ripercussioni inerenti alla ridiscussione sulla spartizione dei diritti? La battaglia, prima ancora che in pista, continua a svolgersi a suon di carte bollate, un classico della Formula 1 moderna. Ma, si sa, quando a comandare è il business…
Marco Privitera
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