B come Button. B come Barrichello. B come Brown. E’ questo il tris d’assi che ha letteralmente dominato il week-end di Melbourne, con una superiorità imbarazzante che ha letteralmente annichilito i rivali. E se qualcuno pensava che il neonato team, sorto dalle ceneri della Honda, fosse solo una scuderia di serie…B, destinata a recitare un ruolo da comparsa ed in grado di considerare come unica chance di vittoria possibile solo quella di riuscire a presentarsi al via della stagione, l’esito del gran premio australiano ha dato una risposta ben diversa. Mai un team al debutto era infatti riuscito a piazzare entrambe le macchine sulla prima fila dello schieramento, né tantomeno a centrare una doppietta che ha del clamoroso, soprattutto se si considera che fino ad un mese fa la squadra sembrava praticamente fuori dai giochi.
Ma attenzione: se la Brawn Gp è formalmente un team nuovo, con tanto di nuovo proprietario e (pochi, per ora) nuovi sponsor, il progetto che ha partorito questa vettura è iniziato sin dalla fine del 2007, quando gli uomini Honda decisero di concentrare i propri sforzi in chiave 2009 in vista della preannunciata rivoluzione regolamentare.
Consapevoli di avere tra le mani una vettura pressoché fallimentare, capace di regalare nelle ultime due stagioni solo cocenti delusioni agli uomini del team di Brackley, i giapponesi iniziarono la rifondazione del team puntando sulle capacità organizzative di Ross Brawn (il quale, come prima mossa, condannò alla scomparsa il team-cliente della SuperAguri) ma anche tentando di acquisire un vantaggio decisivo sulla concorrenza attraverso un intenso programma di sviluppo portato avanti contemporaneamente in quattro gallerie del vento. Poi, complice la crisi economica, l’improvviso stop al progetto Honda in F1 e la messa in liquidazione di tutte le componenti del team, salvato in extremis con l’intervento dell’ex-direttore tecnico della Ferrari che, divenutone proprietario e con l’ausilio della fornitura dei motori Mercedes, sembra aver compiuto l’ennesimo colpo da maestro. Ma tutto ciò riesce a spiegare solo parzialmente come sia possibile che una vettura con alle spalle solo sei giorni (sei!) di test possa aver dato una tale dimostrazione di forza in grado di sbaragliare la concorrenza. L’interpretazione al limite del regolamento relativa al diffusore posteriore rappresenta sicuramente un vantaggio aerodinamico importante che solo la Federazione, nella sentenza d’appello del prossimo 14 aprile, sarà finalmente in grado di giudicare come legale o meno.
Facendo un salto nel passato, va peraltro notato come solo in altre tre occasioni un team debuttante fosse riuscito a cogliere la vittoria al primo colpo: ciò accadde, ovviamente, nel gran premio inaugurale della storia della F1 con Nino Farina al volante dell’Alfa Romeo, nel 1954 con Fangio alla guida della Mercedes e poi, in epoca più recente, con Jody Scheckter nel 1977, il quale riuscì a vincere, tra lo stupore generale, in Argentina con la neonata Wolf.
Peccato che, nel mare di opinioni, commenti ed interviste inerenti a questo incredibile gran premio, tra espressioni di gioia e voci colme di delusione (vedi in casa Ferrari), nessuno ci abbia potuto mostrare la faccia dei giapponesi della Honda intenti a guardare il gran premio in televisione…i quali avranno forse salvato il proprio portafogli ma non certo la loro reputazione, gettando alle ortiche la possibilità di avere finalmente in pista una vettura imbattibile. Almeno per ora.
Marco Privitera
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