Mai nessuno in Formula 1 ha corso così tanto: 289 GP spalmati in ben 17 anni di carriera. Basterebbero questi numeri per farne una stella di prima grandezza nella storia del Circus, invece, Rubens Barrichello viene dipinto come un pilota di secondo piano, bruttino e un po’ sfigato. Nonostante i numeri. Cifre importanti a suo credito come le 11 vittorie, le 14 pole position, i 17 giri più veloci, i 68 piazzamenti a podio e i 607 punti iridati. Numeri che ne fanno il non campione del mondo più “titolato” nella storia della Formula 1. Ci è andato vicino, però. Negli anni in Ferrari per due volte fu il vicecampione (2002 e 2004). Periodo quello trascorso col team di Maranello pieno di luci e d’ombre. Il ruolo designato da scudiero gli stava stretto. Nel Gp d’Austria del 2002, Rubens, partito in pole dominò la corsa che però cedette negli ultimi metri al caposquadra Michael Schumacher, su consiglio coercitivo di Jean Todt. Favore incassato con gli interessi sullo brickyard di Indianapolis dieci gare dopo. In questi lunghi anni Rubinho ha palesato una costante fragilità psicologica che ne ha offuscato le doti migliori: la velocità e la sensibilità tecnica. Quest’ultima dote è riconosciuta da tutti i suoi compagni di squadra e dai suoi tecnici. Infatti Ross Brawn se le tenuto stretto quest’anno con un progetto tutto nuovo da sviluppare. Addirittura Jenson Button ci ha vinto un mondiale con i suoi assetti. “Barrico” non ha il dna del campione predestinato, ad ogni vittoria la sua gioia è superata dal suo stupore. Sembra chiedersi: ho vinto davvero Io? E si che ha vinto tanto. Campione all’esordio nella Formula Opel nel 1990. Titolo ripetuto nella prestigiosa Formula 3 inglese l’anno successivo. Nel 1993 alla III gara in Formula 1, in un bagnatissimo Gp d’Europa, famoso per la corsa capolavoro di Ayrton Senna, Barrichello con la modesta Jordan arrivò ad essere terzo prima di ritirarsi per un guasto tecnico. Il momento più critico della sua carriera resta Imola ’94. Il pilota di San Paolo aprì quel tragico weekend con uno spaventoso incidente alla variante bassa che fece temere per la sua vita. Momento più esaltante, forse, la recente vittoria a Valencia fortemente voluta per dedicarla all’amico Felipe Massa, ferito dalla molla della sua Brawn Gp nelle prove del Gran Premio d’Ungheria. Pilota e uomo di cuore con l’amico Tony Kanaan ha creato una fondazione che si occupa dei bambini delle favelas. A questa fondazione andrà il ricavato della causa vinta da Rubinho contro Google. Su Orkut, un social network gestito dal gigante di Mountain View, il brasiliano è stato pesantemente insultato. Invettive così pesanti da costringere il paulista a denunciare il famoso motore di ricerca. La settimana scorsa la corte di San Paolo gli ha dato ragione, condannando Google al pagamento di 500 mila euro che saranno devoluti interamente alla fondazione benefica. Il prossimo anno lo attende una nuova sfida con la Williams e il promettente pilota tedesco Nico Hulkenberg, gestito da Willy Weber, manager di Schumacher. In un certo senso il passato che ritorna ma Rubens con tutta l’esperienza dei suoi 38 anni è pronto a rischiacciare il tasto play.
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