Da un anonimo ospedale affacciato sul Mar Cinese meridionale alla conquista del suo primo titolo nel WTCC (World Touring Car Championship): l’inusuale ‘progressione’ è riuscita domenica 22 novembre 2009 nientemeno che al 47enne Gabriele Tarquini, meglio noto in ambiente automobilistico con il poco invitante (per gli avversari) nomignolo de Il Cinghio, affibbiatogli in tempi non sospetti dai numerosi fans a parziale giustificazione della sempiterna combattività mostrata nei duelli ravvicinati sugli autodromi di tutto il mondo.
Il fine settimana macaense del pilota originario di Giulianova, cittadina di circa ventitremila anime ubicata in provincia di Teramo, più precisamente in quel martoriato Abruzzo capace di ripresentarsi più solido e orgoglioso che mai in seguito al disastroso terremoto di L’Aquila verificatosi nell’aprile scorso, non inizia infatti nel migliore dei modi. Tarquini giunge nell’ex protettorato portoghese, fino a pochi anni fa terra di dispute territoriali e ora assurto ad ultimo appuntamento stagionale del competitivo WTCC, nelle ingombranti vesti di leader del Mondiale con un vantaggio di appena due punti sul compagno-rivale Yvan Muller, anch’egli uomo Seat, senza peraltro poter ignorare il possibile ‘ritorno’ del brasiliano di casa BMW Augusto Farfus, ventuno anni meno di lui, attardato di tredici lunghezze nella rincorsa alla vetta della classifica.
Macao, si sa, non è certo il posto più salubre per ospitare una volata a tre. Soltanto due settimane prima, sul circuito giapponese di Okayama, Il Cinghio si era reso protagonista di un week-end in sordina, complici le condizioni climatiche a dir poco proibitive, che gli aveva fruttato una quinta e una settima piazza, vale a dire un bottino non sufficiente per ‘atterrare’ sul piccolo territorio costiero con la tranquillità necessaria in vista della battaglia finale. La vittoria in Gara 2 di Farfus, poi, non poteva certo aiutare Tarquini a mantenere la mente libera e ben focalizzata su di un obiettivo che dava l’impressione di volergli sfuggire di mano. Come ebbe a dire alla vigilia del round di Macao il celebrato Livio Sgarbi, mental coach torinese di fama nazionale, “Tarquini, con due punti di vantaggio, ha ottime possibilità di poter vincere, solo che psicologicamente, per quanto avvenuto nella gara di Okayama, il suo avversario arriverà a Macao molto carico”.
Il disegno del tracciato cittadino ricavato nelle anguste vie del territorio divenuto dominio cinese nel dicembre 1999, sede storica del Gran Premio internazionale di F.3, annovera tra i suoi punti più impegnativi la curva dei Pescatori, la curva dell’Hotel Lisboa, il tornante Melco e la cosiddetta ‘esse’ della Solitudine, dove i piloti si trovano a stretto contatto con i temuti muretti di protezione.
A farne subito le spese in qualifica sono proprio Gabriele Tarquini e Yvan Muller, ovvero i più accreditati alla conquista dell’alloro 2009, che così facendo sembrano inspiegabilmente voler agevolare il compito a Farfus, autore del terzo crono alle spalle del duo Huff-Priaulx, ormai tagliato fuori dai giochi per il titolo. Gabriele e Yvan, che al di là dell’indubbia risolutezza agonistica non hanno mai dimenticato cosa significa correre rispettando l’avversario, restano tuttavia coinvolti in un contatto col risultato di finire entrambi in ospedale, chiamati a sostenere una serie di controlli medici.
Ricevuta l’autorizzazione necessaria per essere al via di Gara 1, Tarquini e Muller scattano dalla quarta fila sullo schieramento di partenza. L’italiano, autore di uno start eccellente, dopo un paio di curve è già terzo, salvo poi ereditare dal compagno di marca Tiago Monteiro, ex driver di Jordan e Midland in F.1, una utilissima piazza d’onore che manterrà fino al traguardo. Il rivale diretto Muller conclude in quinta piazza, Farfus è addirittura ottavo. Ad un passo dalla conquista del titolo mondiale, Tarquini deve però attendere la gara della domenica prima di poter cantare vittoria. L’onore e l’onere di sollevare la coppa del vincitore tocca in questo caso a Farfus, in grado di relegare Muller sul gradino più basso del podio. Tarquini termina in una positiva quinta posizione, ottenendo il tanto che basta per laurearsi campione del WTCC 2009 con un margine di quattro punti su Muller e di quattordici lunghezze nei confronti di Farfus.
Era il 1984 quando Il Cinghio, kartista di ottime speranze e notevoli ambizioni, seppe conquistare la corona mondiale della specialità che a 40 anni suonati ancora attrae un pluricampione di F.1 del calibro di Michael Schumacher. Eppure ben difficilmente, anche possedendo una luccicante sfera di cristallo, l’allora 22enne promessa dell’automobilismo sportivo italiano, che avrebbe poi maturato esperienza nella F.3000 Internazionale in attesa di avventurarsi senza troppa fortuna in F.1 al volante delle poco esaltanti Osella, Coloni, AGS, Fondmetal e Tyrrell, sarebbe stato in grado di prevedere un futuro così luminoso in una categoria automobilistica di elevato prestigio qual è il WTCC.
Il futuro, è cosa nota, non impiega molto a divenire presente, ciononostante l’infinita storia d’amore tra Gabriele Tarquini e le corse pare ben lungi dall’essere avviata alla conclusione. In barba ad una carriera ormai ultratrentennale e alle 47 primavere festeggiate lo scorso 2 marzo, Il Cinghio ha già rivelato di non pensare al ritiro pur volendo concedersi alcune settimane di riflessione sui progetti 2010.
Ermanno Frassoni
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