Per l’annata del 1986 il progettista della Brabham Gordon Murray diede vita alla BT55 che puntava ad introdurre diversi radicali cambiamenti ed innovazioni nel nome del design.
L’idea originale data a Murray pervenne da Nelson Piquet ,che rimembrando come nelle sue esperienze di formula 3000 soleva introdursi nell’abitacolo più a fondo possibile cosi’ da guadagnare maggiore velocità con l’ottenere un maggior flusso d’aria, diede involontariamente un idea al progettista che di li’ a poco sarebbe divenuta realtà.
I primi progetti della BT55 vennero intavolati a metà stagione dell’85 e fu realizzato a questo scopo un modello in legno poi presentato a Nelson Piquet , che si dice fu alquanto turbato dalla posizione distesa che potenzialmente il pilota avrebbe dovuto mantenere all’interno della vettura, quella per cui il mento si sarebbe trovato in una posizione tale da essere appoggiato sul torace. Non sapremo mai quanto questo fatto condizionò la dipartita del brasiliano dal team di Ecclestone e la sua fuga verso un altro team inglese,con minor nomea all’epoca , la Williams motorizzata Honda: sappiamo tutti però quanto questo team sia al giorno d’oggi uno dei più blasonati e anche grazie alle prodezze di Nelson stesso che conquisterà il titolo nel 1987. Ma questa è un’altra storia…
Il progetto da mettere in atto concretamente e realizzare con tutto il miglior potenziale possibile , richiese grossi investimenti da parte degli sponsors italiani Olivetti e Pirelli ed entrambi accettarono di dar vita a tale sforzi economici con entusiasmo a patto che la Brabham dal canto suo si impegnasse a mettere sotto contratto piloti italiani. Detto fatto: arrivarono Riccardo Patrese con esperienze piuttosto recenti in un team italiano , l’Alfa Romeo che oramai aveva accantonato definitivamente i suoi desideri di rivivere glorie passate nella massima formula automobilistica, e Elio de Angelis, pilota romano proveniente dalla Lotus ,scuderia che ,ironia della sorte, aveva decretato i suoi maggiori trionfi e gli aveva dato le maggiori soddisfazioni in carriera, ma anche costretto ad una frettolosa quanto sofferente decisione: quella di annunciare la fine di un sodalizio durato anni, per colpa di una lacerante e progressiva rottura che si era consumata nella stagione precedente. Il motivo? Semplicemente i rapporti professionali con il nascente genio della f1 moderna,incrinati fin dall’inizio e definitivamente compromessi alla fine del 1985..
Tra l’altro,a semplice dovere di cronaca, lo stesso Ayrton Senna si dice fosse stato sul punto di accettare la proposta del team per occupare uno dei sedili a disposizione. Lo stesso dicasi per il tre volte campione del mondo Niki Lauda, a cui lo stesso Ecclestone in persona si rivolse cercando di farlo dissuadere dall’idea di ritiro dalle corse annunciata a fine gp di Adelaide.
Molti ancor oggi, pensando alla morte di Elio, disonorando il sacro ricordo di una persona deceduta per guidare questa macchina, avanzano dubbi sulle reali potenzialità di bravura dei piloti italiani, in modo tale da difendere a spada tratta il progetto di Murray.
Dei cambiamenti notevoli furono introdotti al motore e al cambio affinché i piloti potessero adagiarsi al meglio all’interno.
Quando iniziarono i primi test della stagione sul circuito di Rio i piloti si trovarono anche a combattere problemi di surriscaldamento , dacchè fu introdotto un cambio a sette marce con tendenza alla rottura ,qualora venisse sforzato in maniera eccessiva ogniqualvolta si fossero raggiunte velocità di punta. Aggiungiamo anche la considerazione per cui fu scoperto che lo smussamento del motore BMW sopra un angolo, era causato da un problema di fondo ,soffrire di perdita di olio. Ecco spiegato il perché della sua lentezza a rilasciare il suo intero ,enorme tra l’altro, potenziale.
Questo arrancare inaspettato di inizio stagione fu pagato a caro prezzo dalla Brabham , e nel momento del debutto il motore della Bt55 fu oggetto di molte variazioni ,revisioni ed aggiornamenti che tuttavia non portarono a risultati eccezionali, tant’è vero che fu in grado di percorrere solo una manciata di giri nelle sessioni di prove libere a Rio. La gara vide Patrese ritirarsi poco dopo l’inizio e De Angelis riusci’ a terminare la gara all’ottavo posto a tre giri dalla prima posizione dopo aver rotto due marce. Certamente non fu questo il sospirato inizio di stagione a cui la Brabham mirava dato il suo enorme potenziale economicamente e tecnicamente parlando , nonché tenendo conto di come era andato il campionato del 1985. La Brabham voleva tornare al vertice , ma le cose non andarono per il verso giusto nel prosieguo della stagione, quando il timore che la vettura fosse altamente difficile e rischiosa da guidare si trasformò in certezza. Soffriva di una risposta del motore clamorosamente imbarazzante nel momento dell’uscita dalle curve lente e i miglioramenti portarono ad un sottosterzo migliore , ma a causa del design di basso profilo della vettura, il guadagno risultò pressoché nullo. La morte di Elio durante le prove libere al Paul Ricard quando il team decise di provare un’ ennesima evoluzione del motore , stavolta ufficiale, il BT55/2 provocò una ferita di non facile marginazione nel morale del team dai semplici meccanici, al personale più qualificato fino ad arrivare alle alte sfere. Lo stesso Murray fu colpito profondamente dall’episodio e ben presto i suoi entusiasmi per il progetto della vettura si consumarono irrimediabilmente.
Quando giunse il gran premio di casa a Silverstone, il team aveva collezionato appena due miseri punti e fece ricorso ad una evoluzione del motore BT54 della stagione precedente in modo tale da giudicare quanto di buono era stato fatto nella stagione in corso con la nuova vettura. Celandosi dietro dichiarazioni di facciata dove venne dichiarato che questo cambio dovesse consistere in una semplice volontà di comparare le vetture, in verità la Brabham tentava un ultimo disperato tentativo di risollevarsi dallo sconforto della sua posizione in classifica, utilizzando un motore che sicuramente era molto più performante.
E l’esperimento riusci’ a pieno visto che il propulsore della Bt54 fu utilizzato per il resto delle gare del 1986 , anche se la BMW non potè garantire sufficienti evoluzioni in grado di far competere il team per le alte posizioni, e anzi più volte fu costretto al ritiro. Il Bt55 risorse quando si dimostrò in grado di essere compatibile con circuiti dove si raggiungevano alte velocità come Hockenheim e Monza dove Riccardo Patrese si qualificò in posizioni più che dignitose e corse in gara mantenendosi nelle posizioni che contavano.
Il gap di divario fra Brabham e team di medio-alto livello non fu colmato mai nel corso del 1986 nonostante tutti i buoni tentativi e le sporadiche ottime prestazioni sovra citate: Murray
chiese e ottenne al fine di lasciare il team.
I rapporti fra Bernie Ecclestone e gli sponsor Olivetti e Pirelli divennero tesi , nonostante il 1987 fosse stata un’annata dignitosa ma non abbastanza per risollevare i ricordi ( ormai lontani nel tempo) di fasti e gloria. Venne il 1988 e con esso anche l’irrimediabile declino del team decretato da una cessione di proprietà: l’inizio di un calvario che ebbe termine nel 1992 quando il marchio Brabham scomparve anticipando di poco il ritiro dalle corse anche di un team maggiormente blasonato come la Lotus.
Per quel che riguarda un’analisi tecnica della vettura è indubbio che si possa parlare della più grande incomprensione tecnico-progettistica della storia della f1 moderna e sicuramente anche la più dispendiosa in termini economici.
Il supporto teoretico sulla quale si fondava il concepimento della Bt55 era dato dal fatto che l’alettone posteriore venisse limitato per ragioni di sicurezza . Per la trasposizione in atto di questa idea, da semplice progetto su carta a realtà effettiva, si fece in modo tale che fosse più slanciato verso l’alto di quanto fosse alla fine degli anni sessanta. O per portarlo maggiormente all’indietro lontano dall’assale posteriore. Entrambe le versioni furono dichiarate illegali ,ovviamente, vista la regolamentazione piuttosto rigida che vigeva all’epoca, per incrementare la sicurezza di questo sport. Non c’è forse bisogno di ricordare le morti di Gilles Villeneuve e di Riccardo Paletti nell’anno della consacrazione di Keke Rosberg, per citare i più alti e tragici episodi controversi della storia piuttosto recente della F1 turbo di inizio anni’80, a giustificazione dell’esistenza di questo bisogno-aspirazione pressante.
La sola possibilità di ottenere maggiore forza fuoriuscente a partire dall’alettone posteriore fu quella di costruire una vettura molto bassa in altezza. Il motore turbo BMW quattro cilindri si rivelò essere ( almeno in teoria) il più performante che la f1 avesse potuto ammirare;
basti pensare che in qualifica arrivò a poter disporre di ben millequattrocento cavalli di potenza.
Ma come il pensiero filosofico è incline ad affermare che la materia senza forma non è essere, né l’esistenza dell’uomo avrebbe significato senza la dimensione della spazialità e della temporalità: in fisica è abbastanza consueto riconoscere che la potenza non possa esplicarsi senza un minimo di trazione. E l’elettronica nei dorati anni ottanta della formula uno ancora non offriva sofisticati congegni sul mercato. La tenuta di strada bisognava si dovesse ottenere dall’attività dalle sospensioni e che fosse dominata dall’aerodinamica soprattutto grazie all’alettone posteriore.
La Brabham Bt55 fu in complessivo più bassa della precedente,il modello Bt54, di ventotto centimetri , vettura che aveva trionfato nel gp di Francia al Paul Ricard di Le Castellet con Il brasiliano Nelson Piquet alla guida.
Per rendere la Bt55 più bassa molti cambiamenti dovettero essere introdotti dal suo progettista Gordon Murray , già a partire dal Gp di Kyalami datato 1985, colui che aveva dato vita alle vincenti nonché titolate Bt49 e Bt52. Il motore, quattro cilindri in fila, fu posto lateralmente dall’ Ing. Paul Rosche della BMW, al fine di mantenerlo coperto e quanto più possibile schiacciato .L’abitacolo divenne particolarmente stretto e in una versione prototipo era presente un volante molto piatto e usate solo quattro punti di attacco per le cinture di sicurezza ( ovviamente queste innovazioni particolari furono poi definitivamente accantonate perché non lecite). Le braccia e le spalle del pilota difettavano di essere protette adeguatamente , e si potrebbe parlare anche dei problemi di respirazione dovuti alla notevole pressione che veniva esercitata sul torace. Solo una barra anti-rollio esigua fu posta sotto l’abitacolo per avere un miglior flusso d’aria per l’alettone posteriore.
Gli effetti della Bt55 , miglior trazione, efficace tenuta di strada, e altissime velocità di punta raggiunte nei rettilinei furono dei risultati ottenuti solo in teoria, mai ebbero un’efficace messa in pratica. Un esempio di quanto detto? Basti pensare alle qualifiche di Monaco di De Angelis: ventesimo dietro ad una modestissima Zakspeed guidata da Jonathan Palmer, non certo un fulmine di guerra.
Ma la Bt55 nonostante la sua storia personale non tanto detta scalpore per i suoi risultati raggiunti in qualifica o in gara: rimarrà nella storia come un prodotto non efficace ma innovativo , verrà ricordato come la vettura con cui uno dei più grandi piloti italiani degli ultimi decenni perse accidentalmente la vita in un giorno di maggio dell’anno di grazia 1986 .
Un alettone, quello posteriore cede, la vettura plana sulle barriere di protezione, un incendio, i soccorsi dopo otto minuti, il tempo di farsi un’ idea,nei box, di quel che sarebbe potuto accadere , una grave mancanza d’emergenza che le cure sistematiche di un ospedale del giorno seguente non furono in grado di compensare .
La Bt55: una vettura che Steve Nichols si dice prenderà a modello per la sua McLaren Mp4/4…ma questo sarà l’oggetto di un altro articolo…
Marco Nuvoli
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